Perché i libri sulla motivazione non funzionano (quasi) mai.
Qualsiasi libreria, qualsiasi biblioteca, perfino qualsiasi edicola, accanto al libro giallo, al romanzo rosa e alla collezione di ricette, ormai ha almeno un esemplare del quarto genere letterario più popolare: il manuale per essere felici.
Dal riordino alla lentezza, dalla ricerca del senso di hygge per i Danesi alla pratica della mindfulness, è un fiorire di “trucchi magici” per superare ansia e malumore.
A giudicare dalla quantità e varietà di titoli e dalle copie vendute, dovremmo essere ormai quasi tutti felici.
Perché invece non è così?
Badate bene non intendo discutere la qualità di queste produzioni, che nella gran parte è ottima e propone analisi e soluzioni spesso profonde e condivisibili.
Cosa succede allora?
Hai comprato l’ultimo libro consigliato dall’amico o dalla tua rivista di riferimenti o dal sito di cui ti fidi. Lo porti a casa e sei entusiasta: finalmente hai lo strumento per svoltare.
Cominci a leggere e ti ci ritrovi, in alcuni passaggi ti emozioni, perfino, alla fine identifichi chiaramente i comportamenti che devi modificare e perché. Però poi ti blocchi: forse non sai come fare, forse non riesci a trovare la connessione tra la teoria e la realtà quotidiana che ti circonda, tra ciò che sulla carta sembrava ovvio e logico e ciò che vivi ogni giorno.
Questo succede principalmente perché la lettura di un manuale e l’elaborazione di meccanismi e dei concetti che propone costringe a mettere in gioco solo una parte del cervello, quella razionale e si lasciano da parte gli elementi emotivi, sensoriali. Per quello a volte funzionano di più un romanzo o un film: veniamo coinvolti completamente, anche solo con l’immaginazione, nel clima e nelle suggestioni descritte, attivando i neuroni specchio che fanno riemergere le nostre stesse emozioni su quel tema. Per avviare un cambiamento profondo abbiamo bisogno di provare, di sentire, di essere coinvolti in tutti i nostri aspetti. Abbiamo bisogno di una motivazione che allinei aspetti razionali e irrazionali. La parola stessa “sentire” nei suoi vari sinonimi si usa per la percezione fisica, per quella emotiva e per la convinzione razionale: aver sentito ci porta a conoscenza di fatti e opinioni.
Un manuale viene anche meno ad un altro elemento fondamentale per attivare il cambiamento, ossia l’azione. Se leggo un libro per imparare a fare qualcosa, il mio obiettivo sarà capire cosa fare. Per poter mettere in pratica quel che ho letto dovrò costringermi ad una seconda azione e darmi un secondo obiettivo, quello di effettuare i cambiamenti nel modo in cui li ho appresi. Si tratta di 2 processi separati e il nostro cervello li vive come tali. Se vivo un’esperienza invece, il processo è unico, l’obiettivo è unico. Capirò vivendola quali strategie sono più efficaci per me, in modo pratico, ma anche incontrovertibile perché sarò io stesso a verificare e scegliere ogni passaggio. Così certi romanzi, certi film e soprattutto certi eventi che ci coinvolgono, ci sorprendono, portandoci a scegliere di agire in una direzione nuova.
Il coinvolgimento completo, l’azione immediata, sono elementi fondamentali, ma ogni cambiamento va’ anche “digerito”, interiorizzato un po’ alla volta, “metabolizzato” per diventare un cambiamento definitivo e non una delle tante fasi da cui, molto presto, si esce. Anche qui il manuale non ci viene in aiuto, dandoci tutto e subito, senza permetterci di riflettere o di saltare dei passaggi che non ci servono, costringendoci ad una elaborazione a volte indigesta, che richiede tantissime risorse, comunque sfiancante. Troppo sfiancante.
Sono già stanca solo a scriverlo.
Sì, veramente stanchissima.
Basta. Domani torno alla mia solita routine.